IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi: n. 3246\2001 Reg. Gen., proposta da Catarci Francesco, Andrea Oliva, Gianluca Iosca, Andrea Mencarelli, Paolo Valerio, Alessandro Canali, Santonastaso Maria Chiara, Emma Cascella, Sabrina Belloni, Primula Venditti, Paolo Guidi, Serafino Conforti, Fabio D'Aquino, Nicola Monticelli, Angelo Sebastio, Simona Vocaturo, Giuseppe Di Tuoro, Antonia Rasile, Elvira Lavecchia, Giuseppe Maffeo, Gianfranco Santojanni, Sabina Gisolfi, Francesco Vitiello, Paola Gervasio, Alessandro Martini, Cesare Vocaturo, Simone Antonio Castelnuovo, Paola Antonelli, Claudia Antonelli, Luca Domenici, Lorenzo De Menna, Andrea Vecchio Verderame, Federico Mazza, Alessandro Di Zillo, Carlo Filadoro, Mariano D'Amelio, Raffaella Santoro, Elettra Bruno, Sergio Fantozzi, Marzia Pasanisi, Alessia Bianchi, Paola Acquarelli, Simonetta Pascali, Maria Federica Bonito, Giulia Bonito, Alessandra De Biasi, Maria Acquaviva, Natale Ferrara, Gabriele Aversano, Francesco Vangi, Marciano Schettino, Maria Antonietta Schettino, Luigi Ferdinando Nazzaro, Dimitri Gentili, Stefania Bevilacqua, Manuela Patrizia Cappelli, Wanda Finelli, Emma Cammarota, Pierluigi d'Acunto, Mafia Paola Pulella, Guseppina Capuano, Fulvia Todisco, Salvatore D'Agostino, Attilia Feleppa, Maria Greco, Aldo Verro, Massimo Dalla Libera, Angelo Sebastio, Maria Laura Ventura, Paola Comotto, Luigi Salomone, Donato Narciso, Olga Marotta, Mariano Augello, Gianpiero De Luca, Annalisa Alongi, Isabella Farina, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppina Schettino; n. 11339\2001 Reg. Gen., proposto da Magarelli Giuseppe, rappresentato e difeso da se' medesimo; n. 11340\2001 Reg. Gen., proposto da Pepoli Walter, rapprsentato e difeso dall'avv. Alessandra Cursi; n. 11603\2001 Reg. Gen., proposto da Chiarini Lorenzo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mauro Poli ed Emanuela Pastore Stocchi; n. 10988\2003 Reg. Gen., proposto da Ventura Jacopo Angelo, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Colacino; n. 11898\2003 Reg. Gen., proposto da Clini Alessandro, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Baccherini; Tutti contro i1 Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e nei confronti rispettivamente, di Brunella Caiazza (il primo ricorso), Vincenzo Lagioia (il secondo), Gregorio Gennari (il terzo), Antonella Domenicali (il quarto), Anna Terziroli (il quinto) e Mirella Tosoni (l'ultimo), non costituiti in giudizio; peer l'annullamento; il primo ricorso: dell'art. 5 del bando del concorso a duecento posti di notaio indetto con decreto del Direttore generale degli affari civili e libere professioni del Ministero della giustizia del 29 dicembre del 2000, pubblicato nel1a Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio del 2002; del regolamento di attuazione della legge n. 328 del 1995 emesso con d.m. 24 febbraio 1997 n 47 (e successive modifiche); i suoi motivi aggiunti: della mancata ammissione degli interessati alle prove scritte dello stesso concorso in dipendenza dell'esito negativo della loro prova di preselezione, nonche' della graduatoria dei candidati che hanno partecipato a quest'ultima; il secondo, il terzo ed il quarto ricorso: analogamente, della mancata ammissione dei rispettivi ricorrenti alle stesse prove scritte, in dipendenza dell'esito negativo della loro prova di preselezione, nonche' della graduatoria dei candidati che hanno partecipato alla medesima; degli atti presupposti e connessi, ed in particolare del relativo bando di concorso, ed altresi' del regolamento di attuazione della legge n. 238 del 1995 emesso con d.m. 24 febbraio 1997, n 47 (e succ. modif.); gli ultimi due ricorsi: della mancata ammissione dei rispettivi ricorrenti alle prove scritte del successivo concorso a duecento posti di notaio indetto con decreto del Direttore generale della giustizia civile, del Ministero della giustizia del 20 dicembre del 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del seguente giorno 31, in dipendenza dell'esito negativo della loro prova di preselezione, nonche' della graduatoria dei candidati che hanno partecipato a quest'ultima; ed altresi', l'ultimo ricorso per la condanna al risarcimento del danno, in forma specifica o in subordine per equivalente, cagionato dal Ministero della giustizia al ricorrente. Visti i ricorsi ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Vista la memoria presentata da parte ricorrente a sostegno del ricorso n. 3246/2001, nonche' quelle presentate dall'amministrazione in resistenza ai ricorsi nn. 11340/2001, 10988/2003 e 11898/2003; Visti gli atti tutti di causa; Uditi alla pubblica udienza del 26 maggio 2004, il relatore ed altresi' gli avv.ti Schettino e Pastore Stocchi, nonche' l'avvocato dello Stato Ferrante; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o e D i r i t t o Con il ricorso n. 3246/2001 i dottori Francesco Catarci ed altri (come da elenco allegato) impugnavano il bando, pubblicato in data 9 gennaio 2001, del concorso a duecento posti di notaio che era stato indetto con decreto dirigenziale del 29 dicembre 2000, avverrsando specificamente le previsioni dell'art. 5 del bando, concernente le modalita' di svolgimento della relativa prova di preselezione. Gli interessati, che permettevano di avere presentato domanda di partecipazione a tale concorso, e soggiungevano che l'articolo da loro contestato non differiva, nella sostanza, dal corrispondente articolo del precedente omologo bando, deducevano l'invalidita' della previsione impugnata principalmente a cagione dell'illegittimita' dell'art. 1 della legge 26 luglio 1995, n. 328, istitutivo della preselezione informatica per l'accesso alle prove scritte del concorso notarile, per violazione degli artt. 3, 4 e 97 della Costituzione. Nel ricorso venivano dedotti profili di illegittimita' costituzionale che possono essere cosi' sunteggiati. La preselezione informatica comprometterebbe una seria e ragionevole selezione, trattandosi di un sistema per sua natura inidoneo a dimostrare l'effettiva preparazione dei candidati e contrario al buon andamento dell'amministrazione, e come tale in conflitto con l'art. 97 della Carta, anche perche' le sue finalita', di natura organizzativa, interferirebbero negativamente con l'opera di verifica della preparazione dei candidati; il limite numerico previsto dall'art. 5-ter, comma 3, inserito nella legge n. 89 del 16 febbraio 1913 dall'art. 1 della legge n. 328 del 1995, che stabilisce che «e' ammesso a sostenere te prove scritte un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso», in contrasto con l'art. 97 della Costituzione, introdurrebbe un criterio apodittico di riduzione dei candidati ad un esame di abilitazione professionale, e, subordinando la partecipazione dei concorrenti ad indici numerici che esulano dalla valutazione della loro preparazione, esaspererebbe la natura aleatoria e mnemonica della prova; infine, la normativa contestata scoraggerebbe l'iscrizione al concorso degli studenti lavoratori. Queste questioni di costituzionalita' verranno prese in considerazione nella seconda parte della presente ordinanza. Nel ricorso venivano inoltre ascritti alla previsione di bando anche altri aspetti di illegittimita'. In primo luogo, quello della troppo breve durata da essa assegnata alla prova preselettiva (45 minuti, a fronte di altrettanti quesiti); in secondo luogo, quello della dedotta incapacita' della stessa procedura di garantire la parita' di trattamento dei candidati, stanti la mancanza di una effettiva condizione di anonimato e la diversita' dei quesiti assegnati a ciascuno. Infine, si deduceva che la disposizione dell'articolo (sospetto di incostituzionalita) che esonera dalla preselezione informatica «coloro che hanno conseguito l'idoneita' in uno degli ultimi tre concorsi» farebbe discendere l'esenzione dal semplice superamento di una precedente prova preselettiva, senza esigere anche il superamento delle relative prove scritte ed orali. La domanda cautelare proposta unitamente al ricorso veniva respinta. In seguito, espletatasi la procedura preselettiva, una parte degli originari ricorrenti insorgeva mediante successivi motivi aggiunti avverso l'esito sfavorevole della prova e la conseguente propria mancata ammissione alle successive prove concorsuali scritte. Gli interessati, molti dei quali dichiaravano di essersi visti interdire l'accesso agli scritti pur avendo commesso nei quesiti della preselezione appena un errore, riproponevano, anche con l'ausilio di nuovi argomenti, le doglianze gia' introdotte, che venivano ulteriormente approfondite con una conclusiva memoria a sostegno delle impugnative. Anche il secondo, il terzo ed il quarto dei gravami in epigrafe sono stati proposti da concorrenti che nella stessa procedura non sono riusciti a superare la prova preselettiva, della quale hanno impugnato, percio', l'esito sfavorevole. I dottori Magarelli, Pepoli e Chiarini (i quali ultimi avevano commesso, rispettivamente, due e tre errori), mediante argomenti simili a quelli contenuti nel ricorso n. 3246/2001 deducevano parimenti, con i loro gravami, l'irrazionalita' del sistema della prova preliminare in discorso, in ragione, in sintesi, della sua incoerenza rispetto alle successive e vere e proprie prove concorsuali, dell'illogicita' del risultato dell'eliminazione dal concorso degli aspiranti che vi avevano commesso anche solo pochissimi errori, e dell'irrazionalite' del peso cosi' attribuito alle capacita' puramente menmoniche dei concorrenti. Anche in queste impugnative veniva dunque prospettata la contrarieta' della disciplina della materia alle norme costituzionali, facendosi precipuo riferimento ai parametri costituiti dagli artt. 3, 31 e 97 della Carta; ed anche in questo caso le domande cautelari di parte ricorrente finivano rigettate. I ricorsi nn. 10988 e 11898/2003 riguardano, invece, la procedura concorsuale immediatamente successiva, vale a dire il concorso a duecento posti di notaio indetto con d.d. 20 dicembre 2002 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2002). Al di la' di tale elemento differenziale, pero', anche tali gravami sono stati proposti, come i precedenti, da candidati di un concorso notarile che si erano visti precluso l'accesso alle relative prove scritte dal risultato negativo riportato nella precedente fase preselettiva (dove il dott. Ventura aveva riportato, peraltro, un solo errore), contro il cui esito sono dunque insorti sollevando censure e svolgendo argomenti in gran parte simili a quelli contenuti nelle superiori impugnative. In resistenza a tutti i ricorsi in esame si e' costituito in giudizio il Ministero della giustizia attraverso l'Avvocatura generale dello Stato, che ha presentato specifiche memorie rispetto ai ricorsi nn. 11340/2001, 10988/2003 e 11898/2003. Nei suoi scritti la difesa erariale, oltre a contrastare nel merito le argomentazioni critiche avversarie, opponeva anche delle eccezioni in rito. Alla pubblica udienza del 26 maggio 2004 i sei ricorsi sono stati trattenuti in decisione. 1) In via preliminare il tribunale ravvisa l'opportunita' di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, atteso che gli stessi, ponendo problematiche analoghe, si rivelano avvinti da un legame di connessione obiettiva. 2) Cio' premesso, e' agevole sgombrare il campo dalle eccezioni in rito che sono state opposte alle impugnative in esame dalla difesa erariale. 2a) La circostanza che le prove scritte dei concorsi di cui si tratta si siano gia' tenute senza la partecipazione dei ricorrenti (ad eccezione, a quanto pare, del dott. Clini) non permette di pervenire alla conclusione della sopravvenuta carenza dell'interesse a base dei loro gravami. Giova ricordare, innanzi tutto, che per pervenire ad una tale conclusione occorrerebbe che constasse con la necessaria univocita' e sicurezza il venir meno dell'interesse che aveva giustificato la proposizione dei ricorsi (sul rigore che tale valutazione richiede cfr. da ultimo, c.d.s. IV, n. 738, del 24 febbraio 2004): ebbene; nella fattispecie si e' ben lungi dal poter reputare integrata una situazione siffatta. Taluno dei ricorrenti (il dott. Clini, autore del ricorso n. 11898/2003) ha gia' proposto, unitamente alla propria presente azione impugnatoria, un'azione risarcitoria a carico dell'amministrazione, sul presupposto dell'illegittimita' della procedura preselettiva da essa posta in atto. Ed appare evidente come analoghe azioni potrebbero essere esperite anche dagli altri ricorrenti in caso di esito favorevole delle impugnative in esame. Non senza dire, poi, soprattutto, che i ricorrenti, che sono praticanti notai, hanno allegato con chiarezza il loro interesse a non dover soggiacere piu', nell'avvenire, a prove preselettive, almeno ove organizzate con gli stessi criteri regolanti quelle che li hanno visti soccombere (in questo senso e' esplicita, in particolare, la memoria prodotta a sostegno del ricorso del dott. Catarci ed altri). 2b) La difesa erariale ha eccepito altresi' la irricevibilita' del ricorso n. 10988/2001 per tardivita' dell'impugnazione, sul presupposto della mancanza di un immediato ricorso, a suo tempo, contro il bando concorsuale. A parte il fatto, peraltro, che un'obiezione del genere non potrebbe in nessun caso valere per il primo dei ricorsi in trattazione (tempestivamente esperito proprio avverso il bando del primo dei concorsi in questione), e' determinante osservare che la stessa difesa ha successivamente rinunciato in modo espresso alla propria eccezione (memoria del 14-15 maggio 2004), riconoscendo, alla stregua degli orientamenti interpretativi dominanti in giurisprudenza - da ultimo ribaditi da c.d.s., A. P., n. 1/2003, e da IV, n. 2797/2004 -, come il bando non potesse essere considerato a se come fonte di una lesione con caratteri di attualita'. 2c) Ne' merita adesione, infine, il rilievo della difesa dell'amministrazione circa l'inammissibilita' delle critiche svolte da alcuni ricorrenti (in particolare, nel ricorso n. 11898/2003) avverso la disciplina positiva della prova preselettiva «senza nemmeno sollevare un'eccezione di incostituzionalita». Benche' talvolta senza la spendita di formule sacramentali, infatti, tutti i ricorsi in esame sono sufficientemente univoci nell'esprimere a carico della normativa vigente i sospetti di incostituzionalita' che verranno illustrati nel prosieguo (sicche' e' appena il caso di soggiungere che le questioni di leggittimita' costituzionale possono essere sollevate anche d'ufficio). 3) Si puo' dunque passare all'esame di quanto attiene al merito di causa. La superiore narrativa mostra come la gran parte delle doglianze svolte mediante i presenti ricorsi dia corpo a critiche a carico della normativa regolatrice della prova preselettiva introdotta a preambolo del concorso notarile dalla legge 26 luglio 1995, n. 328, e segnatamente a dubbi sulla legittimita' costituzionale di quest'ultima fonte. Si passeranno quindi di qui a poco in rassegna tali dubbi, sollevando le corrispondenti questioni di costituzionalita' che saranno ritenute non manifestamente infondate. Prima di procedere a tanto, pero', anche onde evidenziare la rilevanza delle questioni. di costituzionalita' che verranno appresso illustrate rispetto agli esiti di causa, occorre dire dei restanti motivi di ricorso, mettendo in luce la, loro infondatezza. 3a) Preliminarmente, secondo logica, va preso in esame il disposto dell'art. 5-bis, comma 5, immesso nella legge n. 89/1913 dalla legge n. 328/1995, che esonera dalla preselezione informatica «coloro che hanno conseguito l'idoneita' in uno degli ultimi tre concorsi». Si sostiene nel ricorso n. 3246/2001 che questa norma avrebbe fatto discendere l'esonero da essa contemplato dalla semplice idoneita' riportata in una precedente procedura preselettiva, senza esigere l'ulteriore superamento delle prove scritte ed orali dello stesso concorso. La deduzione si presenta peraltro infondata, dovendo ritenersi che il legislatore si sia richiamato con la propria norma alla «idoneita» concorsuale nella tradizionale accezione del termine, la cui utilizzazione non si addice a designare la posizione di chi, superata soltanto una fase di una procedura selettiva - e per di piu' una fase meramente propedeutica - nelle successive non sia invece riuscito a raggiungere un giudizio di sufficienza. A conferma di cio' vale il dato che nel testo della legge n. 328 del 1995 la prova di preselezione e' un quid menzionato sempre in modo distinto ed autonomo rispetto alle tradizionali prove del concorso, al quale l'idoneita' in questione e' invece dalla stessa legge riferita. 3b) Passando ad altro profilo, deve essere notato che l'art. 5-ter inserito nella legge n. 89/1913 dalla fonte gia' vista prescrive semplicemente che la prova di preselezione «verte sulle materie oggetto del concorso», senza stabilire particolari limitazioni. Di qui l'infondatezza dell'assunto secondo il quale i quesiti della preselezione dovrebbero riguardare in maniera esclusiva istituti giuridici e tematiche di specifico interesse per la funzione notarile. 3c) Alcuni dei ricorrenti lamentano, inoltre, che non sarebbe stato prestabilito un criterio trasparente per determinare il grado di difficolta' dei quesiti compresi nell'apposito archivio informatico: ma la circostanza che ambedue le tornate concorsuali in rilievo abbiano visto ammettere agli scritti unicamente gli aspiranti che in occasione della preselezione non fossero incorsi in alcuna sorta di errore comporta che la censura non si presenti sorretta da alcun concreto interesse di parte. 3d) Altri si e' doluto della violazione da parte del Ministero della giustizia del dovere di attenersi, nell'indizione dei concorsi notarili, alla cadenza annuale prevista dalla legge n. 328 del 1995. Appare pero' evidente come una simile previsione integri, per sua natura, una regola puramente programmatica ed acceleratoria, e non gia' precettiva, la cui inosservanza ridonda percio' in una condizione di inopportunita' insuscettibile di tradursi in un vizio di legittimita' amministrativa. 3e) E' stato poi dedotto che la tutela della parita' di trattamento dei candidati e le finalita' proprie della procedura preselettiva avrebbero chiesto che il bando concorsuale prestabilisse un numero massimo tollerabile di errori per poter considerare superata la prova in questione. Una clausola di bando siffatta sarebbe, stata, tuttavia, manifestamente incompatibile con la sovraordinata disposizione dell'art. 5-ter, comma 3, della legge cit. Questa dimensiona infatti la platea degli ammessi agli scritti secondo un criterio del tutto diverso da quello ipotizzato, prescindendo dal numero degli errori commessi dal singolo, e permettendo l'ulteriore corso della procedura selettiva, avuto esclusivo riguardo all'ordine della graduatoria, solo ad «un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso e, comunque, non inferiore a novecento» (si vedra' piu' avanti, pero', come proprio questa impostazione legislativa faccia sorgere dei dubbi di costituzionalita). 3f) Oggetto di critica e' stata anche la circostanza che la prova preliminare si sia tenuta in giorni differenziati, cosa che avrebbe avvantaggiato chi aveva potuto godere di un lasso di tempo maggiore per prepararsi ad affrontarla. Lo svolgimento della prova effettivamente non e' stato contestuale per tutti gli aspiranti, dal momento che questi sono stati distribuiti entro un arco di tempo che il ricorso n. 11898/2003 (che contiene specificamente la doglianza) colloca tra il 30 giugno ed il 10 luglio 2003. Se pero' si da' la debita importanza, oltre che alle aspirazioni individuali dei candidati, anche alle esigenze organizzative e finanziarie della pubblica amministrazione (delle quali la tesi di parte privata non si fa in alcun modo carico), e, soprattutto, si raffronta la brevita' dei tempi complessivi impiegati per lo svolgimento della prova preselettiva al ben piu' lungo lasso di tempo occorrente ai fini dell'apprendimento della grande mole di dati necessari per poter sostenere utilmente la prova, appare inevitabile pervenire alla conclusione che la differenziazione di tempi imposta ai concorrenti si presenta tutto sommato limitata e suscettibile di giustificatazione, e pertanto il vizio di legittimita' denunciato non sussiste. 3g) In molteplici dei ricorsi in esame sono stati inoltre manifestati dubbi di legittimita' a proposito della clausola di bando che ha regolato la durata della prova preselettiva fissandola in 45 minuti (a fronte dei 45 quesiti assegnati a ciascun concorrente), in relazione alla norma regolamentare (art. 4, comma 5, d.m. 24 febbraio 1997 n. 74) che stabilisce la «durata massima» della prova stessa in settanta minuti. Al riguardo, pero', il tribunale ritiene di doversi uniformarsi all'interpretazione espressa in sede di merito dal giudice d'appello (c.d.s., IV, n. 2797 del 2004), il quale ha ormai chiarito come la disciplina regolamentare abbia inteso fissare solo un limite massimo alla durata della prova, accordando in questo modo all'amministrazione la possibilita' ove da essa ritenuto opportuno in relazione alla singola procedura di stabilire una durata anche inferiore. 3h) Un ulteriore argomento critico utilizzato e' stato quello della mancanza di effettive condizioni di anonimato nell'ambito della procedura. Alcuni ricorrenti hanno fatto infatti leva sulla circostanza che ogni candidato all'inizio della prova aveva l'onere di inserire nell'elaboratore assegnatogli un tesserino magnetico contenente i propri dati identificativi. Cio' non dimostra affatto, tuttavia, che nella successiva fase, quella, decisiva, dedicata alla verifica delle risposte individuali date, i questionari compilati potessero rivelare la propria paternita'. E, d'altra parte, l'assoluta oggettivita', e predeterminazione dei criteri da seguire nella correzione della prova in, questione non consente di ravvisare nella situazione descritta, almeno alla stregua degli elementi forniti dalle parti ricorrenti, neppure un principio di prova dell'esistenza del dedotto vizio di violazione del canone della parita' di trattamento. 3i) Gli stessi ricorrenti, del resto, ricordano - rionoscendo la valenza della relativa previsione ai fini garantistici - che, a norma dell'art. 7 del bando, a ciascun candidato doveva essere consegnato all'esito un attestato indicante i quesiti che gli erano stati assegnati e le risposte da lui personalmente date (garanzia, questa, che sarebbe stato difficile fornire senza una preliminare identificazione del candidato fatta nel modo detto nel paragrafo precedente). Ne' la mera circostanza che in fase di rilascio dei menzionati attestati la commissione abbia potuto omettere la richiesta ai concorrenti di controfirmarli per ricevuta - come pure richiedeva il medesimo art. 7 - potrebbe integrare alcunche' di piu' di una mera irregolarita' formale, per definizione priva di portata invalidante. Anche un altro rilievo di parte ha chiamato in causa il principio della parita' di trattamento. Dalla norma di legge che vuole che i quesiti siano «formulati in modo da assicurare parita' di trattamento per i candidati» e' stato desunto che la proporzionata distribuzione dei quesiti rispetto alle varie materie, cosi' implicitamente prescritta, dovrebbe essere registrabile, oltre che in astratto, anche, in concreto, nel questionario sottoposto ai singoli concorrenti. Peraltro, parte ricorrente - al di la' del mero enunciato recato dal ricorso n. 10988/2003- non ha dimostrato che i criteri di distribuzione dei quesiti in concreto applicati, dei quali si duole, si discostassero da quelli previsti dalla legge, cui ha dato conforme articolazione il regolamento (d.m. 24 febbraio 1997 e successive modificazioni). Ne consegue che anche questa doglianza deve essere disattesa, salva la rifluenza della questione posta sotto il diverso profilo della legittimita' costituzionale della disciplina legislativa della procedura preselettiva (cfr. infra, n. 4e). 3m) Sulla strutturazione dei questionari verte poi un'ulteriore censura. Con essa ci si riferisce al fatto che il secondo criterio teste' esposto, quello attinente ai gradi di difficolta' dei quesiti, invita a tenere conto «dell'intero archivio, unitariamente e complessivamente considerato, indipendentemente dai singoli raggruppamenti per materie». Su questa premessa, si contesta l'ingiustizia della possibilita' che un candidato debba rispondere ad un numero di domande, ad esempio di diritto civile, classificate come «difficili» diverso da quello dei quesiti di pari complessita' rivolti nella stessa materia ad altro candidato. Poiche', peraltro, sul livello complessivo di difficolta' offerto da ciascun questionario e' comunque il medesimo, e, giova ribadirlo, tutti i gradi di difficolta' ed i raggruppamenti per materia devono esservi proporzionalmente rappresentati, tutto cio' permette di rinvenire garanzie sufficienti a far considerare rispettato, da parte della disciplina regolamentare, il dettato della fonte sovraordinata sulla parita' di trattamento dei candidati, anche alla luce del fatto che la diversita' dei quesiti sottoposti a ciascuno «La prova di preselezione e' unica per ciascun candidato», recita l'art. 5-ter, comma 2) non permetterebbe comunque di conseguire in alcun caso una parita' di trattamento assoluta. 3n) Sempre a proposito dei quesiti individualmente assegnati, infine, appare inevitabile il rigetto di tutti gli assunti, generici e puramente assertivi, tesi a definire erronea la soluzione di singoli quesiti prestabilita come corretta; e parimenti scontata e' la reiezione dell'astratta contestazione per cui alcuni quesiti non sarebbero circoscritti, come prescrive invece la legge, ai soli dati normativi. 3o) Dalle considerazioni svolte negli ultimi paragrafi emerge, pertanto, con l'infondatezza delle censure di parte non riconducibili a questioni di legittimita' costituzionale, la rilevanza delle questioni medesime contestualmente proposte, dalle quali dipendono, come e' di tutta evidenza, le sorti dei ricorsi in esame. 4) Ai fini di un adeguato inquadramento delle questioni prospettate sembrano opportune delle notazioni introduttive. 4a) Con lo strumento della procedura preselettiva si sono voluti affrontare, come e' noto, gli inconvenienti derivanti dalla crescente moltitudine dei partecipanti al concorso notarile, la quale ha aggravato in misura crescente le operazioni connesse all'espletamento delle sue prove scritte, prolungando oltre misura i tempi occorrenti per la correzione degli elaborati (c.d.s., IV, n. 2797/2004). La finalita' che l'ordinamento assegna alla prova preliminare ad avviso della giurisprudenza e', in pratica, quella di operare una prima scrematura tra gli aspiranti. Di accertare, cioe', il possesso da parte loro di un livello di preparazione minimo, in ordine ai contenuti della normativa vigente, tale da rendere utile la partecipazione alle tradizionali prove di concorso, giustificandola mediante la dimostrazione dei candidati di disporre di serie basi per poter aspirare a sostenerle, e, per converso, diretta ad escludervi quanti non posseggano all'uopo un bagaglio culturale minimo (c.d.s., IV, n. 2190 dell'11 aprile 2001; Ad. Gen., n. 5 del 23 gennaio 1997). La ratio della procedura risponde, allora, ad un'esigenza di semplificazione del concorso, attraverso la riduzione del numero dei partecipanti alle sue prove scritte mediante la selezione dei soggetti muniti di adeguata preparazione. 4b) Una valutazione in chiave meramente astratta della procedura non puo' che deporre, percio', per la sua conformita' ai principi di buona organizzazione, efficienza e razionalita' dell'azione della pubblica amministrazione. Questo tribunale ha avuto recentemente modo di osservare (ordinanza n. 6360/2004), invero, che «La previsione, a scopi di semplificazione ed accelerazione dell'iter concorsuale, della necessita' di sottoporre i candidati ad una prova preliminare preordinata ad accertare il possesso da parte loro di requisiti culturali di base non appare irragionevole; essa, infatti, consente di ridurre il numero dei partecipanti alle prove scritte - con conseguente riduzione della complessita' e dei tempi della procedura - attraverso un meccanismo semplice e tale da garantire la parita' di trattamento degli interessati». E, come il Consiglio di Stato ha fatto notare, non puo' negarsi che la preselezione informatica permetta di decurtare cospicuamente il numero degli aspiranti entro un ragionevole lasso di tempo, ne' che i suoi contenuti siano coerenti con la sua funzione selettiva (IV, n. 2797/2004 cit.). Per quanto premesso, non e' sostenibile che lo strumento della preselezione informatica, nella sua configurazione astratta, per il solo fatto di vertere su dati normativi comprometterebbe una seria e ragionevole selezione, sostanziandosi in un sistema ontologicamente inidoneo a dimostrare la preparazione dei candidati e contrario al parametro del buon andamento dell'amministrazione. Donde la manifesta infondatezza di ogni dubbio di legittimita' costituzionale che si muova su questo piano del tutto astratto. 4c) Quest'ultimo, pero', non sembra l'unico piano possibile di analisi delle problematiche poste dalla materia. Il vaglio di una disciplina legislativa in punto di conformita' ai canoni di ragionevolezza e buon andamento amministrativo, ancorche' ammissibile soltanto entro ristretti limiti, non puo' risolversi nell'ambito di una dimensione puramente astratta, in termini avulsi dalle conseguenze che la normativa in scrutinio produca nel suo venire a contatto con la fenomenologia da essa regolata, quando le conseguenze riscontrate non scaturiscano dal concorso di concause anomale o altri fattori contingenti, ma per la regolare uniformita' con la quale si producano debbano considerarsi come la fedele proiezione della stessa disciplina sulla realta' regolata, manifestando quindi un legame di organica appartenenza alla previsione legislativa. 4d) Il dato che ad avviso del tribunale, invero, non puo' essere ignorato, e' che in entrambe le tornate concorsuali investite dal contenzioso in esame, cosi' come nella procedura ancora precedente (cfr. la sentenza del c.d.s. n. 2797/2004 cit., pag. 28), gli svolgimenti del meccanismo preselettivo hanno costantemente condotto a limitare l'ammissione alle successive prove scritte ai soli aspiranti che nei quesiti loro sottoposti non fossero incorsi in alcun errore, sancendo l'esclusione di tutti coloro che avessero commesso un ridotto numero di sbagli e, al limite, anche uno solo. Il punto sembra meritare qualche riflessione. Nel concorso per uditore giudiziario per varie ragioni - tra le quali la maggiore vastita' del relativo archivio di quesiti, e, come meglio si vedra', la meno diffusa motivazione dei suoi concorrenti - la preselezione informatica ha funzionato in maniera abbastanza elastica, non rivelandosi preclusiva dell'accesso alle prove scritte per gli aspiranti incorsi solo in un ridottissimo numero di errori. E tuttavia cio' non ha impedito al legislatore, mediante la legge n. 48 del 13 febbraio 2001 (pur corredata di una peculiare normativa transitoria), di prevedere l'abolizione della preselezione per tale tipo di concorso (benche' tradizionalmente impegnato da un numero di concorrenti piu' elevato rispetto al concorso notarile). Lo stesso strumento organizzativo ha pero' dato sul versante del concorso notarile una risposta differente, per motivi - tutto sommato prevedibili - sui quali pare il caso di soffermarsi ulteriormente. Questo concorso, difatti, sia per la necessita' di una previa pratica biennale particolarmente impegnativa, sia per il carattere settoriale ma estremamente specialistico delle materie di studio di cui e' necessario l'approfondimento, si presta notoriamente assai poco o punto ad improvvisazioni e tentativi estemporanei da parte di aspiranti impegnati su molteplici fronti, e vede cimentarsi platee di candidati per gran parte notevolmente motivati e concentrati in maniera pressoche' esclusiva sul preciso obiettivo professionale prescelto. Ebbene, l'innesto in una realta' siffatta della preselezione informatica ha fatalmente indotto, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'archivio informatico delle domande e risposte di tale prova, ad una pratica di massa di meccanica memorizzazione passiva dei suoi contenuti, la quale ha sistematicamente portato ad un altissimo numero di concorrenti - sicuramente superiore al preventivato - in grado di non incappare in alcun errore. Opera di apprendimento, questa, nella quale, tra l'altro, la mole dei dati da assorbire, e la necessita' per gli stessi concorrenti di acquisire una reattivita' massima specificamente calibrata sui quesiti dell'archivio, hanno inevitabilmente spinto per una tecnica di memorizzazione per «parole-chiave» di ciascun quesito e correlativa soluzione piuttosto che ad una memorizzazione delle norme nel loro testo, tecnica, questa seconda, che avrebbe dato minori garanzie di successo (a conferma di tanto va tenuto presente che le risposte alternative tra cui scegliere sono sovente assai simili tra loro e fuorvianti, differenziandosi l'una dall'altra per dettagli solo formali). 4e) Ora, appare gia' ictu oculi evidente come il sistema della preselezione nel contesto descritto privilegi accentuatamente le capacita' mnemoniche dei singoli, anche prescindendo dalla loro effettiva preparazione giuridica (con i suoi corollari rappresentati dalle capacita' di analisi e sintesi), e penalizzando chi, pur dotato di solide capacita' tecniche, non disponga di altrettanto spiccate abilita' mnemoniche. Ma a questo aspetto, invero centrale, ci si dedichera' nei prossimi paragrafi. Quel che si vuole ancor prima sottolineare, infatti, e' l'abnorme incidenza che in una procedura preselettiva con queste caratteristiche, nella quale, come si e' detto, e' normalmente sufficiente la commissione di un solo errore - fosse pure su di un quesito classificato «difficile» - per essere condannati all'esclusione, viene giocata dal fattore della mera sorte. Premesso che la necessita' dell'amministrazione di pervenire alla formulazione di un numero di quesiti congruamente elevato ha condotto ad attingere, ai fini della loro elaborazione, anche alle disposizioni piu' marginali ed inusitate del codice civile, deve essere evidenziato che, per quanto la disciplina positiva esiga che i questionari siano formulati - come si e' visto - con lo stesso grado di difficolta' complessiva, ed in modo tale da tutelare la parita' di trattamento dei candidati, la circostanza che la prova di preselezione debba essere unica per ciascun candidato non potra' mai consentire di pervenire ad un trattamento completamente uguale per tutti. Per quanto sforzi possa fare l'ammistrazione, infatti, l'equivalenza dei questionari non potra' mai essere assoluta, avuto riguardo alla diversita' delle materie (e loro partizioni interne) cui i singoli quesiti si riferiscono, alla piu' o meno felice formulazione testuale di questi, e al carattere piu' o meno centrale o, invece, marginale dell'argomento prescelto rispetto ai compiti notarili (e quindi agli orizzonti tipici dello studio e della pratica professionale degli aspiranti). Ora, questi aspetti, che sarebbero destinati a passare in secondo piano in una prova regolata con adeguata elasticita', tale cioe' da ammettere un fisiologico margine di tollerenza per l'errore, nel contesto descritto sembrano invece assumere un'incidenza ben diversa ed assai piu' penetrante (esaltata, tra l'altro, dai ristrettissimi tempi messi a disposizione dei concorrenti, che sconsigliano, se non impediscono, qualsiasi velleita' di riflessione). Se e' indubitabile, dunque, che «un significativo grado di aleatorieta e' ... insito in ogni procedura concorsuale» (c.d.s., IV, n. 2797/2004), appare, pero', altrettanto vero che, mentre nelle normali procedure selettive le tracce delle prove scritte sono comuni a tutti i concorrenti, ed il passaggio di questi alla fase successiva non necessita del conseguimento del massimo punteggio teoricamente possibile, bastando a tal fine una valutazione di sufficienza (eventualmente qualificata), per contro, un contesto di questionari individuali differenziati in cui basta, di norma, anche un solo errore a determinare l'eliminazione, evidenzia un'alea qualitativamente diversa e notevolmente superiore. 4f) Tornando alla constatazione che la preselezione ha costantemente funzionato nella pratica nel senso di esigere, nei candidati, la mancanza di qualsivoglia errore e la necessita' indefettibile del raggiungimento de punteggio massimo, cio' rende manifesto come la realta' abbia reagito in modo difforme da quanto immaginato in sede di previsione normativa: alla prova dei fatti e' avvenuto, invero, che tutto il complesso apparato sulla classificazione dei quesiti per gradi di difficolta' si e' sistematicamente rivelato inutile e privo di senso, cosi' come il rituale della formazione di una graduatoria. Mentre anche nei concorsi pubblici piu' qualificati (e cosi' anche ai fini delle stesse prove scritte di quello notarile) e' richiesto ai candidati il conseguimento, quale sufficienza, di votazioni medio-alte, ma mai necessariamente del massimo punteggio teoricamente possibile, la preselezione notarile richiede, quindi, un «patrimonio» di acquisizioni mnemoniche eccellente, e non di semplice o magari qualificata sufficienza, quasi che quello della perfezione nella conoscenza mnemonica fosse il valore supremo da ricercare negli aspiranti. Conseguentemente anche i migliori giuristi, per il solo fatto di avere avuto una lievissima defaillance mnemonica - e magari a proposito di una norma priva del benche' minimo rilievo - o anche soltanto un'esitazione negli automatismi che la velocita' della prova richiede, si vedrebbero irragionevolmente interdetta l'ammissione al concorso vero e proprio. In contrasto, allora, con la funzione della preselezione di operare una prima scrematura della platea degli aspiranti, accertando il possesso di un livello di preparazione minimo tale da rendere utile la partecipazione alle tradizionali prove di concorso (anche in armonia con il fatto che in occasione delle prove scritte e' ammessa la libera consultazione dei codici, del tutto normale anche nell'attivita' professionale), nella normativa regolatrice della procedura, vista nella sua vivente dimensione applicativa, chi commette anche un ridottissimo numero di errori, o al limite pure uno solo, si vede negare l'accesso alle prove scritte, e finisce cosi' trattato alla stessa stregua di coloro che di errori ne abbiano commessi una moltitudine. Cio' laddove non sembra plausibile ipotizzare - a maggior ragione avuto riguardo ai fini propri della preselezione - che esista una reale differenza di preparazione tra chi commetta un errore e chi non sia incorso in alcuno sbaglio: e questo anche alla luce di quanto si e' detto al n. 4d a proposito delle tecniche di memorizzazione richieste per l'ottimale approccio alla procedura (memorizzazione per parole chiave di quesiti e soluzioni, piuttosto che per testi normativi), e del fatto che non pochi dei quesiti vertono su norme di mero dettaglio o desuete, o comunque di rilievo pratico e scientifico del tutto marginale o trascurabile. Ne' puo' tacersi l'odiosita' della discriminazione che una prova preselettiva con questi connotati non manca di produrre a detrimento di chi, pur dotato di preparazione e capacita' tecniche di prim'ordine, non possa vantare delle personali capacita' mnemoniche altrettanto spiccate. Il sistema in esame taglia, pertanto, fuori dal concorso soggetti che per preparazione ed impegno profuso potrebbero avere ben titolo a cimentarsi con le prove concorsuali vere e proprie, che sole possono garantire una reale valutazione della capacita' e meritevolezza di un aspirante. E, per converso, limitando l'ammissione ai candidati che hanno dimostrato una migliore performance mnemonica, valorizza un quid che non puo' essere incondizionatamente apprezzato, in realta', come indice di una superiore preparazione o capacita' tecnico-professionale. Non puo' essere considerata invero tale una conoscenza del dato normativo (cosi' come trasfuso nel quesito) che sia pretesa, indiscriminatamente, ben oltre la soglia delle norme rivestenti una qualsiasi forma di importanza ai fini professionali, pratici o sistematici, fino all'estremo del piu' marginale, remoto o desueto dettaglio. Un'esasperazione mnemonica spinta parossisticamente fino al minimo particolare, infatti, non permetterebbe piu' di guardare al superamento della preselezione come ad un risultato deponente per una maggiore preparazione, connotandolo piuttosto come l'effetto di una prestazione ormai slegata dalla conoscenza ed inclinazione giuridica e divenuta fine a se stessa. 4g) E con cio' si arriva a mettere in luce un ulteriore profilo di dubbia conformita' dell'assetto normativo in esame ai parametri costituzionali sopra indicati. L'esistenza di una prova preliminare dotata dei connotati descritti costringe la platea degli aspiranti notai ad indugiare oltre modo in una spossante opera di memorizzazione (e indi di ripasso periodico) di dati normativi o pseudonormativi, protratta, nell'impegnativa ricerca della perfezione, ben oltre quanto sarebbe richiesto ai fini anche della piu' seria e solida preparazione tecnico-giuridica, con l'effetto di venire distolta, a causa di questa massiccia applicazione mnemonica, dallo studio vero e proprio. E' quindi fatale che tutto cio' possa avere delle ricadute negative sull'approfondimento delle attivita' di studio e sullo sviluppo delle capacita' di analisi di tutti gli interessati, molti dei quali finiranno con il dedicare alle attivita' realmente formative energie e tempi ridotti (almeno rispetto a quanto avveniva in passato), in contrasto con l'interesse pubblico ad ottenere attraverso la selezione e piu' in generale a poter disporre delle migliori individualita'. 5) Tirando le fila delle considerazioni fin qui svolte, sembra quindi di poter dire che la preselezione informatica del concorso notarile, cosi' come regolata, realizzi una scrematura tra gli aspiranti che risulta incoerente con il fine, assegnatole, di accertare il possesso in ciascuno della semplice attitudine ad affrontare il concorso vero e proprio, e funzionalizzata, in realta', a premiare la perfezione di un apprendimento mnemonico che pare diventare, patologicamente, fine a se stesso; incongruamente, inoltre, viene richiesto uno standard massimo nella mnemonica dei dati, laddove per le pur ben piu' importanti capacita' tecniche da misurare in occasione delle prove scritte e' sufficiente uno standard semplicemente medio-alto (vale a dire il punteggio minimo di 105/150 di cui all'art. 24, ult. comma, r.d. n. 1953/1926). Nello stesso tempo la disciplina della procedura, sui cui esiti la sorte ha un'incidenza che pare abnorme, comporta delle disparita' di trattamento che si presentano prive di giustificazione e quindi irragionevoli. Si e' visto, difatti, che essa assoggetta allo stesso destino il candidato che sia riuscito a sbagliare praticamente tutti i quesiti sottopostigli e quello che, all'opposto, pur debitamente impegnatosi, abbia commesso un solo errore, e per converso differenzia il trattamento fatto a quest'ultimo da quello riservato a chi, con preparazione analoga, abbia dato risposte tutte corrette. In definitiva, percio', il concorso pubblico nella sua interezza, in quanto preceduto e condizionato da una procedura siffatta, non sembra piu' regolato in modo consono alla sua funzione costituzionale (art. 97, comma 3) di mezzo di selezione dei candidati piu' meritevoli e capaci (cfr. ad es. C. cost., n. 333\1993). 6) Alla stregua di tanto, pur tenendo conto del principio che il giudizio di legittimita' costituzionale di una legge che si assuma contrastante con i principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione non puo' comportare un esame di merito circa l'opportunita' della normativa contestata, ne' una riformulazione della ponderazione di interessi che con questa il legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' aveva compiuto, ma puo' consistere solo in una valutazione meramente estrinseca delle scelte legislative sotto il profilo della loro palese arbitrarieta' o manifesta irragionevolezza, il tribunale non puo' esimersi dal sollevare una questione di legittimita' costituzionale avverso la disciplina descritta. La questione investe lo sbarramento posto dall'art. 5-ter, comma 3, inserito nella legge n. 89 del 16 febbraio 1913 dall'art. 1 della legge n. 328 del 1995, dove esso stabilisce che (in aggiunta ai candidati di cui al comma 5 dell'art. 5-bis) «e' ammesso a sostenere le prove scritte un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso» (pur con i temperamenti per cui tale numero non puo' comunque essere inferiore alle novecento unita' e alle stesse prove sono ammessi anche tutti i candidati classificatisi ex aequo rispetto all'ultimo avente titolo). La vigenza di tale sbarramento, basato su parametri avulsi dalla preparazione del singolo candidato, in quanto dipendenti unicamente dal numero di posti messi a concorso e dalle performances altrui, da' causa, infatti, alle incongruita' e discriminazioni sopra descritte. A queste la disciplina dello stesso articolo potrebbe sottrarsi mediante la previsione a priori di una congrua soglia massima di errori suscettibile di portare in ogni caso al superamento della preselezione. sistema che permetterebbe di raccordare l'accesso alle prove scritte al possesso del livello di preparazione minimo reputato accettabile. Cio' lascerebbe, inoltre, a disposizione dei candidati un tempo piu' congruo per la preparazione alle prove scritte ed orali, che sono quelle deputate ad un vaglio non esteriore e meccanico delle loro attitudini e capacita', ivi comprese quelle di analisi e di argomentazione. Quanto precede giustifica la valutazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della norma indicata in relazione agli articoli 3 e 97, primo e terzo comma, della Costituzione (mentre non si ravvisano puntuali elementi di possibile contrasto con gli artt. 4 e 51 della Carta, chiamati solo genericamente in causa da taluni dei ricorrenti). La questione delineata va pertanto sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, ed il presente giudizio va conseguentemente sospeso in attesa della sua decisione.