IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi:
        n. 3246\2001 Reg. Gen., proposta da Catarci Francesco, Andrea
Oliva,  Gianluca  Iosca, Andrea Mencarelli, Paolo Valerio, Alessandro
Canali,  Santonastaso  Maria  Chiara, Emma Cascella, Sabrina Belloni,
Primula  Venditti,  Paolo  Guidi,  Serafino Conforti, Fabio D'Aquino,
Nicola  Monticelli,  Angelo  Sebastio,  Simona  Vocaturo, Giuseppe Di
Tuoro,  Antonia Rasile, Elvira Lavecchia, Giuseppe Maffeo, Gianfranco
Santojanni,  Sabina  Gisolfi,  Francesco  Vitiello,  Paola  Gervasio,
Alessandro  Martini,  Cesare  Vocaturo,  Simone  Antonio Castelnuovo,
Paola  Antonelli, Claudia Antonelli, Luca Domenici, Lorenzo De Menna,
Andrea  Vecchio Verderame, Federico Mazza, Alessandro Di Zillo, Carlo
Filadoro,  Mariano D'Amelio, Raffaella Santoro, Elettra Bruno, Sergio
Fantozzi,   Marzia   Pasanisi,  Alessia  Bianchi,  Paola  Acquarelli,
Simonetta  Pascali,  Maria Federica Bonito, Giulia Bonito, Alessandra
De   Biasi,  Maria  Acquaviva,  Natale  Ferrara,  Gabriele  Aversano,
Francesco  Vangi,  Marciano  Schettino,  Maria  Antonietta Schettino,
Luigi  Ferdinando  Nazzaro,  Dimitri  Gentili,  Stefania  Bevilacqua,
Manuela  Patrizia  Cappelli, Wanda Finelli, Emma Cammarota, Pierluigi
d'Acunto,  Mafia  Paola  Pulella,  Guseppina Capuano, Fulvia Todisco,
Salvatore  D'Agostino,  Attilia  Feleppa,  Maria  Greco,  Aldo Verro,
Massimo  Dalla  Libera,  Angelo  Sebastio, Maria Laura Ventura, Paola
Comotto,  Luigi  Salomone,  Donato  Narciso,  Olga  Marotta,  Mariano
Augello,  Gianpiero  De Luca, Annalisa Alongi, Isabella Farina, tutti
rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppina Schettino;
        n. 11339\2001  Reg.  Gen.,  proposto  da  Magarelli Giuseppe,
rappresentato e difeso da se' medesimo;
        n. 11340\2001   Reg.   Gen.,   proposto   da  Pepoli  Walter,
rapprsentato e difeso dall'avv. Alessandra Cursi;
        n. 11603\2001   Reg.  Gen.,  proposto  da  Chiarini  Lorenzo,
rappresentato  e  difeso  dagli avv.ti Mauro Poli ed Emanuela Pastore
Stocchi;
        n. 10988\2003  Reg.  Gen., proposto da Ventura Jacopo Angelo,
rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Colacino;
        n. 11898\2003   Reg.  Gen.,  proposto  da  Clini  Alessandro,
rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Baccherini;
    Tutti  contro  i1  Ministero  della  giustizia,  in  persona  del
Ministro  pro tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello  Stato e nei confronti rispettivamente, di Brunella Caiazza (il
primo  ricorso),  Vincenzo Lagioia (il secondo), Gregorio Gennari (il
terzo),  Antonella Domenicali (il quarto), Anna Terziroli (il quinto)
e  Mirella  Tosoni  (l'ultimo),  non  costituiti  in  giudizio;  peer
l'annullamento;
        il primo ricorso:
        dell'art. 5 del bando del concorso a duecento posti di notaio
indetto  con  decreto  del  Direttore  generale degli affari civili e
libere  professioni del Ministero della giustizia del 29 dicembre del
2000, pubblicato nel1a Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio del 2002; del
regolamento di attuazione della legge n. 328 del 1995 emesso con d.m.
24 febbraio 1997 n 47 (e successive modifiche);
        i suoi motivi aggiunti:
          della  mancata  ammissione  degli  interessati  alle  prove
scritte dello stesso concorso in dipendenza dell'esito negativo della
loro  prova  di preselezione, nonche' della graduatoria dei candidati
che hanno partecipato a quest'ultima;
        il secondo, il terzo ed il quarto ricorso:
          analogamente,   della  mancata  ammissione  dei  rispettivi
ricorrenti  alle  stesse  prove  scritte,  in  dipendenza  dell'esito
negativo  della loro prova di preselezione, nonche' della graduatoria
dei  candidati  che  hanno  partecipato  alla  medesima;  degli  atti
presupposti  e  connessi,  ed  in  particolare  del relativo bando di
concorso,  ed  altresi'  del  regolamento  di  attuazione della legge
n. 238  del  1995  emesso  con  d.m.  24 febbraio 1997, n 47 (e succ.
modif.);
        gli ultimi due ricorsi:
          della  mancata  ammissione  dei  rispettivi ricorrenti alle
prove  scritte  del  successivo  concorso  a duecento posti di notaio
indetto  con  decreto  del Direttore generale della giustizia civile,
del  Ministero  della  giustizia del 20 dicembre del 2002, pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  del  seguente  giorno  31,  in dipendenza
dell'esito  negativo  della loro prova di preselezione, nonche' della
graduatoria  dei  candidati  che hanno partecipato a quest'ultima; ed
altresi', l'ultimo ricorso per la condanna al risarcimento del danno,
in  forma  specifica  o  in  subordine per equivalente, cagionato dal
Ministero della giustizia al ricorrente.
    Visti i ricorsi ed i relativi allegati;
    Visti  gli  atti di costituzione in giudizio dell'amministrazione
intimata;
    Vista  la  memoria  presentata da parte ricorrente a sostegno del
ricorso  n. 3246/2001, nonche' quelle presentate dall'amministrazione
in resistenza ai ricorsi nn. 11340/2001, 10988/2003 e 11898/2003;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza del 26 maggio 2004, il relatore ed
altresi'  gli  avv.ti Schettino e Pastore Stocchi, nonche' l'avvocato
dello Stato Ferrante;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;

                              F a t t o

 e  D i r i t t o     Con il ricorso n. 3246/2001 i dottori Francesco
Catarci  ed  altri  (come  da  elenco allegato) impugnavano il bando,
pubblicato  in  data 9 gennaio 2001, del concorso a duecento posti di
notaio che era stato indetto con decreto dirigenziale del 29 dicembre
2000, avverrsando specificamente le previsioni dell'art. 5 del bando,
concernente  le  modalita'  di  svolgimento  della  relativa prova di
preselezione.
    Gli  interessati, che permettevano di avere presentato domanda di
partecipazione  a  tale  concorso,  e soggiungevano che l'articolo da
loro  contestato  non  differiva,  nella sostanza, dal corrispondente
articolo del precedente omologo bando, deducevano l'invalidita' della
previsione  impugnata  principalmente  a  cagione dell'illegittimita'
dell'art. 1  della  legge  26  luglio  1995, n. 328, istitutivo della
preselezione   informatica  per  l'accesso  alle  prove  scritte  del
concorso  notarile,  per  violazione  degli  artt. 3,  4  e  97 della
Costituzione.
    Nel   ricorso   venivano   dedotti   profili   di  illegittimita'
costituzionale  che possono essere cosi' sunteggiati. La preselezione
informatica  comprometterebbe  una  seria  e  ragionevole  selezione,
trattandosi  di  un  sistema  per  sua  natura  inidoneo a dimostrare
l'effettiva  preparazione dei candidati e contrario al buon andamento
dell'amministrazione,  e  come  tale in conflitto con l'art. 97 della
Carta,  anche  perche'  le  sue  finalita',  di natura organizzativa,
interferirebbero   negativamente   con   l'opera  di  verifica  della
preparazione    dei    candidati;   il   limite   numerico   previsto
dall'art. 5-ter,  comma 3, inserito nella legge n. 89 del 16 febbraio
1913  dall'art. 1 della legge n. 328 del 1995, che stabilisce che «e'
ammesso  a  sostenere  te prove scritte un numero di candidati pari a
cinque  volte  i  posti messi a concorso», in contrasto con l'art. 97
della Costituzione, introdurrebbe un criterio apodittico di riduzione
dei   candidati   ad  un  esame  di  abilitazione  professionale,  e,
subordinando la partecipazione dei concorrenti ad indici numerici che
esulano  dalla  valutazione della loro preparazione, esaspererebbe la
natura  aleatoria  e  mnemonica  della  prova;  infine,  la normativa
contestata  scoraggerebbe  l'iscrizione  al  concorso  degli studenti
lavoratori.  Queste  questioni di costituzionalita' verranno prese in
considerazione nella seconda parte della presente ordinanza.
    Nel  ricorso  venivano  inoltre ascritti alla previsione di bando
anche  altri  aspetti di illegittimita'. In primo luogo, quello della
troppo  breve  durata  da  essa assegnata alla prova preselettiva (45
minuti,  a  fronte  di altrettanti quesiti); in secondo luogo, quello
della  dedotta  incapacita'  della  stessa  procedura di garantire la
parita'  di  trattamento  dei  candidati,  stanti  la mancanza di una
effettiva  condizione  di  anonimato  e  la  diversita'  dei  quesiti
assegnati a ciascuno.
    Infine,  si  deduceva che la disposizione dell'articolo (sospetto
di  incostituzionalita)  che  esonera  dalla preselezione informatica
«coloro  che  hanno  conseguito  l'idoneita'  in uno degli ultimi tre
concorsi»  farebbe discendere l'esenzione dal semplice superamento di
una precedente prova preselettiva, senza esigere anche il superamento
delle relative prove scritte ed orali.
    La  domanda  cautelare  proposta  unitamente  al  ricorso  veniva
respinta.
    In  seguito,  espletatasi  la  procedura  preselettiva, una parte
degli  originari  ricorrenti  insorgeva  mediante  successivi  motivi
aggiunti  avverso  l'esito  sfavorevole  della prova e la conseguente
propria mancata ammissione alle successive prove concorsuali scritte.
    Gli  interessati,  molti  dei quali dichiaravano di essersi visti
interdire  l'accesso  agli  scritti  pur  avendo commesso nei quesiti
della   preselezione  appena  un  errore,  riproponevano,  anche  con
l'ausilio  di  nuovi  argomenti,  le  doglianze  gia' introdotte, che
venivano  ulteriormente  approfondite  con  una  conclusiva memoria a
sostegno delle impugnative.
    Anche  il  secondo, il terzo ed il quarto dei gravami in epigrafe
sono  stati  proposti  da  concorrenti che nella stessa procedura non
sono  riusciti  a  superare  la prova preselettiva, della quale hanno
impugnato, percio', l'esito sfavorevole.
    I  dottori  Magarelli,  Pepoli e Chiarini (i quali ultimi avevano
commesso,  rispettivamente,  due  e  tre  errori), mediante argomenti
simili   a  quelli  contenuti  nel  ricorso  n. 3246/2001  deducevano
parimenti,  con  i  loro  gravami, l'irrazionalita' del sistema della
prova  preliminare  in  discorso,  in  ragione, in sintesi, della sua
incoerenza   rispetto   alle   successive  e  vere  e  proprie  prove
concorsuali,  dell'illogicita'  del  risultato  dell'eliminazione dal
concorso   degli   aspiranti  che  vi  avevano  commesso  anche  solo
pochissimi  errori,  e  dell'irrazionalite' del peso cosi' attribuito
alle  capacita' puramente menmoniche dei concorrenti. Anche in queste
impugnative   veniva   dunque   prospettata   la  contrarieta'  della
disciplina   della   materia  alle  norme  costituzionali,  facendosi
precipuo  riferimento  ai parametri costituiti dagli artt. 3, 31 e 97
della  Carta;  ed  anche in questo caso le domande cautelari di parte
ricorrente finivano rigettate.
    I ricorsi nn. 10988 e 11898/2003 riguardano, invece, la procedura
concorsuale  immediatamente  successiva,  vale  a  dire il concorso a
duecento   posti   di   notaio  indetto  con  d.d.  20 dicembre  2002
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2002).
    Al  di  la'  di  tale  elemento  differenziale, pero', anche tali
gravami  sono  stati  proposti, come i precedenti, da candidati di un
concorso notarile che si erano visti precluso l'accesso alle relative
prove  scritte dal risultato negativo riportato nella precedente fase
preselettiva  (dove  il  dott.  Ventura aveva riportato, peraltro, un
solo  errore),  contro  il  cui  esito sono dunque insorti sollevando
censure e svolgendo argomenti in gran parte simili a quelli contenuti
nelle superiori impugnative.
    In  resistenza  a  tutti  i  ricorsi in esame si e' costituito in
giudizio   il   Ministero  della  giustizia  attraverso  l'Avvocatura
generale  dello  Stato, che ha presentato specifiche memorie rispetto
ai  ricorsi nn. 11340/2001, 10988/2003 e 11898/2003. Nei suoi scritti
la  difesa erariale, oltre a contrastare nel merito le argomentazioni
critiche avversarie, opponeva anche delle eccezioni in rito.
    Alla pubblica udienza del 26 maggio 2004 i sei ricorsi sono stati
trattenuti in decisione.
    1)  In  via  preliminare  il  tribunale ravvisa l'opportunita' di
disporre  la riunione dei ricorsi in epigrafe, atteso che gli stessi,
ponendo  problematiche  analoghe, si rivelano avvinti da un legame di
connessione obiettiva.
    2)  Cio'  premesso, e' agevole sgombrare il campo dalle eccezioni
in rito che sono state opposte alle impugnative in esame dalla difesa
erariale.
    2a)  La  circostanza  che le prove scritte dei concorsi di cui si
tratta  si  siano  gia' tenute senza la partecipazione dei ricorrenti
(ad  eccezione,  a  quanto  pare,  del  dott.  Clini) non permette di
pervenire  alla conclusione della sopravvenuta carenza dell'interesse
a base dei loro gravami.
    Giova  ricordare,  innanzi  tutto,  che per pervenire ad una tale
conclusione occorrerebbe che constasse con la necessaria univocita' e
sicurezza  il  venir  meno  dell'interesse  che aveva giustificato la
proposizione  dei  ricorsi  (sul rigore che tale valutazione richiede
cfr.  da  ultimo,  c.d.s.  IV, n. 738, del 24 febbraio 2004): ebbene;
nella  fattispecie  si  e' ben lungi dal poter reputare integrata una
situazione siffatta.
    Taluno  dei  ricorrenti  (il  dott.  Clini,  autore  del  ricorso
n. 11898/2003)  ha  gia'  proposto,  unitamente alla propria presente
azione     impugnatoria,     un'azione    risarcitoria    a    carico
dell'amministrazione,   sul   presupposto  dell'illegittimita'  della
procedura preselettiva da essa posta in atto. Ed appare evidente come
analoghe   azioni   potrebbero  essere  esperite  anche  dagli  altri
ricorrenti in caso di esito favorevole delle impugnative in esame.
    Non  senza  dire,  poi,  soprattutto,  che i ricorrenti, che sono
praticanti  notai,  hanno  allegato con chiarezza il loro interesse a
non  dover  soggiacere  piu',  nell'avvenire,  a  prove preselettive,
almeno ove organizzate con gli stessi criteri regolanti quelle che li
hanno visti soccombere (in questo senso e' esplicita, in particolare,
la  memoria  prodotta  a  sostegno  del  ricorso del dott. Catarci ed
altri).
    2b)  La  difesa  erariale ha eccepito altresi' la irricevibilita'
del  ricorso  n. 10988/2001  per  tardivita'  dell'impugnazione,  sul
presupposto  della  mancanza  di  un  immediato ricorso, a suo tempo,
contro  il  bando  concorsuale.  A  parte  il  fatto,  peraltro,  che
un'obiezione  del  genere  non  potrebbe in nessun caso valere per il
primo  dei  ricorsi  in trattazione (tempestivamente esperito proprio
avverso   il   bando   del  primo  dei  concorsi  in  questione),  e'
determinante  osservare  che  la  stessa  difesa  ha  successivamente
rinunciato in modo espresso alla propria eccezione (memoria del 14-15
maggio   2004),   riconoscendo,   alla   stregua  degli  orientamenti
interpretativi  dominanti  in  giurisprudenza - da ultimo ribaditi da
c.d.s.,  A. P., n. 1/2003, e da IV, n. 2797/2004 -, come il bando non
potesse  essere  considerato  a  se  come  fonte  di  una lesione con
caratteri di attualita'.
    2c)   Ne'  merita  adesione,  infine,  il  rilievo  della  difesa
dell'amministrazione  circa  l'inammissibilita' delle critiche svolte
da  alcuni  ricorrenti  (in  particolare,  nel ricorso n. 11898/2003)
avverso  la  disciplina  positiva  della  prova  preselettiva  «senza
nemmeno   sollevare   un'eccezione  di  incostituzionalita».  Benche'
talvolta  senza la spendita di formule sacramentali, infatti, tutti i
ricorsi  in  esame  sono  sufficientemente  univoci  nell'esprimere a
carico  della normativa vigente i sospetti di incostituzionalita' che
verranno  illustrati  nel  prosieguo  (sicche'  e'  appena il caso di
soggiungere  che le questioni di leggittimita' costituzionale possono
essere sollevate anche d'ufficio).
    3)  Si  puo' dunque passare all'esame di quanto attiene al merito
di causa.
    La  superiore narrativa mostra come la gran parte delle doglianze
svolte  mediante  i  presenti  ricorsi  dia corpo a critiche a carico
della  normativa  regolatrice  della  prova preselettiva introdotta a
preambolo del concorso notarile dalla legge 26 luglio 1995, n. 328, e
segnatamente   a   dubbi   sulla   legittimita'   costituzionale   di
quest'ultima fonte.
    Si  passeranno  quindi  di  qui  a  poco  in rassegna tali dubbi,
sollevando  le  corrispondenti  questioni  di  costituzionalita'  che
saranno ritenute non manifestamente infondate.
    Prima  di  procedere  a  tanto,  pero', anche onde evidenziare la
rilevanza delle questioni. di costituzionalita' che verranno appresso
illustrate  rispetto  agli  esiti di causa, occorre dire dei restanti
motivi di ricorso, mettendo in luce la, loro infondatezza.
    3a)  Preliminarmente,  secondo  logica,  va  preso  in  esame  il
disposto  dell'art. 5-bis,  comma  5,  immesso nella legge n. 89/1913
dalla  legge  n. 328/1995, che esonera dalla preselezione informatica
«coloro  che  hanno  conseguito  l'idoneita'  in uno degli ultimi tre
concorsi».  Si  sostiene  nel  ricorso  n. 3246/2001 che questa norma
avrebbe fatto discendere l'esonero da essa contemplato dalla semplice
idoneita'  riportata  in una precedente procedura preselettiva, senza
esigere  l'ulteriore  superamento  delle prove scritte ed orali dello
stesso concorso. La deduzione si presenta peraltro infondata, dovendo
ritenersi  che  il legislatore si sia richiamato con la propria norma
alla «idoneita» concorsuale nella tradizionale accezione del termine,
la  cui  utilizzazione non si addice a designare la posizione di chi,
superata soltanto una fase di una procedura selettiva - e per di piu'
una  fase  meramente  propedeutica  - nelle successive non sia invece
riuscito a raggiungere un giudizio di sufficienza. A conferma di cio'
vale  il  dato  che nel testo della legge n. 328 del 1995 la prova di
preselezione  e'  un  quid  menzionato  sempre  in  modo  distinto ed
autonomo  rispetto  alle  tradizionali  prove  del concorso, al quale
l'idoneita' in questione e' invece dalla stessa legge riferita.
    3b)   Passando   ad   altro   profilo,  deve  essere  notato  che
l'art. 5-ter  inserito  nella legge n. 89/1913 dalla fonte gia' vista
prescrive  semplicemente  che  la  prova di preselezione «verte sulle
materie   oggetto   del   concorso»,   senza   stabilire  particolari
limitazioni.  Di  qui  l'infondatezza dell'assunto secondo il quale i
quesiti della preselezione dovrebbero riguardare in maniera esclusiva
istituti giuridici e tematiche di specifico interesse per la funzione
notarile.
    3c)  Alcuni  dei  ricorrenti  lamentano, inoltre, che non sarebbe
stato  prestabilito  un criterio trasparente per determinare il grado
di   difficolta'   dei   quesiti   compresi   nell'apposito  archivio
informatico:  ma la circostanza che ambedue le tornate concorsuali in
rilievo abbiano visto ammettere agli scritti unicamente gli aspiranti
che  in  occasione  della  preselezione non fossero incorsi in alcuna
sorta  di  errore comporta che la censura non si presenti sorretta da
alcun concreto interesse di parte.
    3d)  Altri  si  e' doluto della violazione da parte del Ministero
della  giustizia del dovere di attenersi, nell'indizione dei concorsi
notarili,  alla cadenza annuale prevista dalla legge n. 328 del 1995.
Appare  pero'  evidente  come  una simile previsione integri, per sua
natura,  una  regola  puramente programmatica ed acceleratoria, e non
gia'   precettiva,   la  cui  inosservanza  ridonda  percio'  in  una
condizione  di  inopportunita' insuscettibile di tradursi in un vizio
di legittimita' amministrativa.
    3e)  E'  stato  poi  dedotto  che  la  tutela  della  parita'  di
trattamento  dei  candidati  e  le  finalita' proprie della procedura
preselettiva avrebbero chiesto che il bando concorsuale prestabilisse
un  numero  massimo  tollerabile  di  errori  per  poter  considerare
superata  la  prova  in  questione.  Una  clausola  di bando siffatta
sarebbe,   stata,   tuttavia,  manifestamente  incompatibile  con  la
sovraordinata disposizione dell'art. 5-ter, comma 3, della legge cit.
Questa  dimensiona  infatti  la  platea  degli  ammessi  agli scritti
secondo   un   criterio  del  tutto  diverso  da  quello  ipotizzato,
prescindendo   dal  numero  degli  errori  commessi  dal  singolo,  e
permettendo   l'ulteriore  corso  della  procedura  selettiva,  avuto
esclusivo  riguardo  all'ordine della graduatoria, solo ad «un numero
di  candidati  pari  a  cinque  volte  i  posti  messi  a concorso e,
comunque,  non  inferiore a novecento» (si vedra' piu' avanti, pero',
come proprio questa impostazione legislativa faccia sorgere dei dubbi
di costituzionalita).
    3f) Oggetto di critica e' stata anche la circostanza che la prova
preliminare  si  sia tenuta in giorni differenziati, cosa che avrebbe
avvantaggiato  chi  aveva potuto godere di un lasso di tempo maggiore
per prepararsi ad affrontarla.
    Lo   svolgimento   della   prova   effettivamente  non  e'  stato
contestuale  per  tutti  gli  aspiranti,  dal momento che questi sono
stati distribuiti entro un arco di tempo che il ricorso n. 11898/2003
(che  contiene  specificamente la doglianza) colloca tra il 30 giugno
ed il 10 luglio 2003.
    Se  pero' si da' la debita importanza, oltre che alle aspirazioni
individuali  dei  candidati,  anche  alle  esigenze  organizzative  e
finanziarie  della  pubblica  amministrazione (delle quali la tesi di
parte  privata  non  si  fa in alcun modo carico), e, soprattutto, si
raffronta   la  brevita'  dei  tempi  complessivi  impiegati  per  lo
svolgimento della prova preselettiva al ben piu' lungo lasso di tempo
occorrente  ai  fini  dell'apprendimento  della  grande  mole di dati
necessari  per poter sostenere utilmente la prova, appare inevitabile
pervenire  alla  conclusione che la differenziazione di tempi imposta
ai  concorrenti  si presenta tutto sommato limitata e suscettibile di
giustificatazione, e pertanto il vizio di legittimita' denunciato non
sussiste.
    3g)  In  molteplici  dei  ricorsi  in  esame  sono  stati inoltre
manifestati dubbi di legittimita' a proposito della clausola di bando
che  ha  regolato la durata della prova preselettiva fissandola in 45
minuti  (a fronte dei 45 quesiti assegnati a ciascun concorrente), in
relazione alla norma regolamentare (art. 4, comma 5, d.m. 24 febbraio
1997  n. 74) che stabilisce la «durata massima» della prova stessa in
settanta  minuti. Al riguardo, pero', il tribunale ritiene di doversi
uniformarsi  all'interpretazione  espressa  in  sede  di  merito  dal
giudice  d'appello  (c.d.s., IV, n. 2797 del 2004), il quale ha ormai
chiarito  come  la disciplina regolamentare abbia inteso fissare solo
un  limite massimo alla durata della prova, accordando in questo modo
all'amministrazione la possibilita' ove da essa ritenuto opportuno in
relazione  alla  singola  procedura  di  stabilire  una  durata anche
inferiore.
    3h)  Un  ulteriore  argomento  critico utilizzato e' stato quello
della mancanza di effettive condizioni di anonimato nell'ambito della
procedura.   Alcuni   ricorrenti   hanno  fatto  infatti  leva  sulla
circostanza  che  ogni candidato all'inizio della prova aveva l'onere
di  inserire  nell'elaboratore  assegnatogli  un  tesserino magnetico
contenente  i  propri dati identificativi. Cio' non dimostra affatto,
tuttavia,  che nella successiva fase, quella, decisiva, dedicata alla
verifica  delle  risposte  individuali  date, i questionari compilati
potessero   rivelare   la   propria  paternita'.  E,  d'altra  parte,
l'assoluta  oggettivita',  e predeterminazione dei criteri da seguire
nella  correzione della prova in, questione non consente di ravvisare
nella  situazione  descritta,  almeno  alla  stregua  degli  elementi
forniti  dalle  parti  ricorrenti,  neppure  un  principio  di  prova
dell'esistenza  del  dedotto  vizio  di  violazione  del canone della
parita' di trattamento.
    3i)  Gli stessi ricorrenti, del resto, ricordano - rionoscendo la
valenza della relativa previsione ai fini garantistici - che, a norma
dell'art. 7  del  bando, a ciascun candidato doveva essere consegnato
all'esito  un  attestato  indicante  i  quesiti  che  gli erano stati
assegnati  e le risposte da lui personalmente date (garanzia, questa,
che   sarebbe   stato   difficile   fornire   senza  una  preliminare
identificazione  del  candidato  fatta  nel  modo detto nel paragrafo
precedente).  Ne'  la  mera  circostanza  che in fase di rilascio dei
menzionati   attestati   la  commissione  abbia  potuto  omettere  la
richiesta  ai  concorrenti di controfirmarli per ricevuta - come pure
richiedeva  il medesimo art. 7 - potrebbe integrare alcunche' di piu'
di  una  mera irregolarita' formale, per definizione priva di portata
invalidante.
    Anche un altro rilievo di parte ha chiamato in causa il principio
della parita' di trattamento.
    Dalla  norma di legge che vuole che i quesiti siano «formulati in
modo  da  assicurare parita' di trattamento per i candidati» e' stato
desunto  che la proporzionata distribuzione dei quesiti rispetto alle
varie  materie,  cosi'  implicitamente  prescritta,  dovrebbe  essere
registrabile,   oltre  che  in  astratto,  anche,  in  concreto,  nel
questionario sottoposto ai singoli concorrenti.
    Peraltro,  parte ricorrente - al di la' del mero enunciato recato
dal  ricorso  n. 10988/2003-  non  ha  dimostrato  che  i  criteri di
distribuzione  dei quesiti in concreto applicati, dei quali si duole,
si discostassero da quelli previsti dalla legge, cui ha dato conforme
articolazione  il  regolamento  (d.m. 24  febbraio  1997 e successive
modificazioni).
    Ne  consegue  che  anche  questa doglianza deve essere disattesa,
salva  la  rifluenza  della  questione posta sotto il diverso profilo
della  legittimita' costituzionale della disciplina legislativa della
procedura preselettiva (cfr. infra, n. 4e).
    3m)  Sulla  strutturazione dei questionari verte poi un'ulteriore
censura.
    Con  essa ci si riferisce al fatto che il secondo criterio teste'
esposto, quello attinente ai gradi di difficolta' dei quesiti, invita
a    tenere    conto    «dell'intero    archivio,   unitariamente   e
complessivamente    considerato,    indipendentemente   dai   singoli
raggruppamenti   per   materie».  Su  questa  premessa,  si  contesta
l'ingiustizia della possibilita' che un candidato debba rispondere ad
un numero di domande, ad esempio di diritto civile, classificate come
«difficili»  diverso  da  quello  dei  quesiti  di  pari complessita'
rivolti nella stessa materia ad altro candidato.
    Poiche', peraltro, sul livello complessivo di difficolta' offerto
da  ciascun questionario e' comunque il medesimo, e, giova ribadirlo,
tutti  i  gradi di difficolta' ed i raggruppamenti per materia devono
esservi  proporzionalmente  rappresentati,  tutto  cio'  permette  di
rinvenire garanzie sufficienti a far considerare rispettato, da parte
della  disciplina regolamentare, il dettato della fonte sovraordinata
sulla parita' di trattamento dei candidati, anche alla luce del fatto
che  la  diversita'  dei  quesiti  sottoposti a ciascuno «La prova di
preselezione  e'  unica  per ciascun candidato», recita l'art. 5-ter,
comma  2)  non permetterebbe comunque di conseguire in alcun caso una
parita' di trattamento assoluta.
    3n)  Sempre  a  proposito  dei quesiti individualmente assegnati,
infine,  appare inevitabile il rigetto di tutti gli assunti, generici
e  puramente  assertivi,  tesi  a  definire  erronea  la soluzione di
singoli  quesiti  prestabilita come corretta; e parimenti scontata e'
la  reiezione  dell'astratta contestazione per cui alcuni quesiti non
sarebbero  circoscritti, come prescrive invece la legge, ai soli dati
normativi.
    3o)  Dalle  considerazioni  svolte negli ultimi paragrafi emerge,
pertanto, con l'infondatezza delle censure di parte non riconducibili
a  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  la  rilevanza  delle
questioni  medesime  contestualmente proposte, dalle quali dipendono,
come e' di tutta evidenza, le sorti dei ricorsi in esame.
    4)   Ai   fini  di  un  adeguato  inquadramento  delle  questioni
prospettate sembrano opportune delle notazioni introduttive.
    4a)  Con lo strumento della procedura preselettiva si sono voluti
affrontare, come e' noto, gli inconvenienti derivanti dalla crescente
moltitudine  dei  partecipanti  al  concorso  notarile,  la  quale ha
aggravato in misura crescente le operazioni connesse all'espletamento
delle  sue prove scritte, prolungando oltre misura i tempi occorrenti
per la correzione degli elaborati (c.d.s., IV, n. 2797/2004).
    La  finalita' che l'ordinamento assegna alla prova preliminare ad
avviso  della  giurisprudenza  e',  in pratica, quella di operare una
prima  scrematura tra gli aspiranti. Di accertare, cioe', il possesso
da  parte  loro  di  un  livello di preparazione minimo, in ordine ai
contenuti   della   normativa  vigente,  tale  da  rendere  utile  la
partecipazione  alle  tradizionali prove di concorso, giustificandola
mediante la dimostrazione dei candidati di disporre di serie basi per
poter  aspirare  a sostenerle, e, per converso, diretta ad escludervi
quanti  non posseggano all'uopo un bagaglio culturale minimo (c.d.s.,
IV, n. 2190 dell'11 aprile 2001; Ad. Gen., n. 5 del 23 gennaio 1997).
    La  ratio  della  procedura  risponde,  allora, ad un'esigenza di
semplificazione  del concorso, attraverso la riduzione del numero dei
partecipanti  alle  sue  prove  scritte  mediante  la  selezione  dei
soggetti muniti di adeguata preparazione.
    4b)  Una valutazione in chiave meramente astratta della procedura
non  puo' che deporre, percio', per la sua conformita' ai principi di
buona  organizzazione,  efficienza  e  razionalita' dell'azione della
pubblica amministrazione. Questo tribunale ha avuto recentemente modo
di  osservare (ordinanza n. 6360/2004), invero, che «La previsione, a
scopi  di  semplificazione  ed  accelerazione  dell'iter concorsuale,
della  necessita'  di sottoporre i candidati ad una prova preliminare
preordinata  ad  accertare  il  possesso  da  parte loro di requisiti
culturali  di  base non appare irragionevole; essa, infatti, consente
di  ridurre  il  numero  dei  partecipanti  alle  prove scritte - con
conseguente  riduzione della complessita' e dei tempi della procedura
- attraverso un meccanismo semplice e tale da garantire la parita' di
trattamento  degli  interessati».  E,  come  il Consiglio di Stato ha
fatto  notare,  non  puo'  negarsi  che  la  preselezione informatica
permetta  di  decurtare cospicuamente il numero degli aspiranti entro
un  ragionevole  lasso  di  tempo,  ne'  che  i  suoi contenuti siano
coerenti con la sua funzione selettiva (IV, n. 2797/2004 cit.).
    Per  quanto  premesso,  non e' sostenibile che lo strumento della
preselezione  informatica,  nella sua configurazione astratta, per il
solo  fatto di vertere su dati normativi comprometterebbe una seria e
ragionevole  selezione,  sostanziandosi in un sistema ontologicamente
inidoneo  a  dimostrare  la preparazione dei candidati e contrario al
parametro del buon andamento dell'amministrazione.
    Donde  la  manifesta  infondatezza di ogni dubbio di legittimita'
costituzionale che si muova su questo piano del tutto astratto.
    4c)  Quest'ultimo,  pero',  non sembra l'unico piano possibile di
analisi delle problematiche poste dalla materia.
    Il  vaglio  di una disciplina legislativa in punto di conformita'
ai   canoni   di  ragionevolezza  e  buon  andamento  amministrativo,
ancorche'  ammissibile  soltanto  entro  ristretti  limiti,  non puo'
risolversi  nell'ambito  di  una  dimensione  puramente  astratta, in
termini  avulsi  dalle  conseguenze  che  la  normativa  in scrutinio
produca  nel  suo  venire  a  contatto  con  la fenomenologia da essa
regolata,  quando  le  conseguenze  riscontrate  non scaturiscano dal
concorso  di  concause anomale o altri fattori contingenti, ma per la
regolare  uniformita'  con la quale si producano debbano considerarsi
come  la  fedele  proiezione  della  stessa  disciplina sulla realta'
regolata, manifestando quindi un legame di organica appartenenza alla
previsione legislativa.
    4d)  Il dato che ad avviso del tribunale, invero, non puo' essere
ignorato,  e'  che  in  entrambe le tornate concorsuali investite dal
contenzioso  in  esame,  cosi' come nella procedura ancora precedente
(cfr.  la  sentenza  del  c.d.s.  n. 2797/2004  cit.,  pag.  28), gli
svolgimenti  del meccanismo preselettivo hanno costantemente condotto
a  limitare  l'ammissione  alle  successive  prove  scritte  ai  soli
aspiranti  che  nei  quesiti  loro  sottoposti non fossero incorsi in
alcun  errore,  sancendo  l'esclusione  di  tutti coloro che avessero
commesso un ridotto numero di sbagli e, al limite, anche uno solo.
    Il punto sembra meritare qualche riflessione.
    Nel  concorso  per uditore giudiziario per varie ragioni - tra le
quali  la maggiore vastita' del relativo archivio di quesiti, e, come
meglio  si vedra', la meno diffusa motivazione dei suoi concorrenti -
la  preselezione  informatica  ha  funzionato  in  maniera abbastanza
elastica,  non rivelandosi preclusiva dell'accesso alle prove scritte
per gli aspiranti incorsi solo in un ridottissimo numero di errori. E
tuttavia cio' non ha impedito al legislatore, mediante la legge n. 48
del  13  febbraio  2001  (pur  corredata  di  una peculiare normativa
transitoria),  di  prevedere l'abolizione della preselezione per tale
tipo  di concorso (benche' tradizionalmente impegnato da un numero di
concorrenti piu' elevato rispetto al concorso notarile).
    Lo  stesso strumento organizzativo ha pero' dato sul versante del
concorso notarile una risposta differente, per motivi - tutto sommato
prevedibili - sui quali pare il caso di soffermarsi ulteriormente.
    Questo  concorso,  difatti,  sia  per la necessita' di una previa
pratica  biennale  particolarmente  impegnativa, sia per il carattere
settoriale  ma  estremamente specialistico delle materie di studio di
cui  e'  necessario  l'approfondimento,  si presta notoriamente assai
poco  o punto ad improvvisazioni e tentativi estemporanei da parte di
aspiranti impegnati su molteplici fronti, e vede cimentarsi platee di
candidati  per  gran  parte  notevolmente  motivati  e concentrati in
maniera  pressoche'  esclusiva  sul  preciso  obiettivo professionale
prescelto.
    Ebbene,  l'innesto  in  una  realta'  siffatta della preselezione
informatica  ha  fatalmente  indotto,  a  seguito della pubblicazione
nella  Gazzetta  Ufficiale  dell'archivio informatico delle domande e
risposte  di  tale  prova,  ad  una  pratica  di  massa  di meccanica
memorizzazione    passiva   dei   suoi   contenuti,   la   quale   ha
sistematicamente  portato  ad  un  altissimo  numero di concorrenti -
sicuramente  superiore al preventivato - in grado di non incappare in
alcun  errore.  Opera  di  apprendimento,  questa,  nella  quale, tra
l'altro,  la  mole  dei  dati  da  assorbire, e la necessita' per gli
stessi    concorrenti    di   acquisire   una   reattivita'   massima
specificamente    calibrata    sui   quesiti   dell'archivio,   hanno
inevitabilmente   spinto   per  una  tecnica  di  memorizzazione  per
«parole-chiave»  di ciascun quesito e correlativa soluzione piuttosto
che ad una memorizzazione delle norme nel loro testo, tecnica, questa
seconda,  che avrebbe dato minori garanzie di successo (a conferma di
tanto  va  tenuto  presente  che  le  risposte  alternative  tra  cui
scegliere   sono   sovente   assai  simili  tra  loro  e  fuorvianti,
differenziandosi l'una dall'altra per dettagli solo formali).
    4e)  Ora,  appare  gia' ictu oculi evidente come il sistema della
preselezione  nel  contesto  descritto  privilegi  accentuatamente le
capacita'  mnemoniche  dei  singoli,  anche  prescindendo  dalla loro
effettiva  preparazione giuridica (con i suoi corollari rappresentati
dalle capacita' di analisi e sintesi), e penalizzando chi, pur dotato
di  solide  capacita'  tecniche, non disponga di altrettanto spiccate
abilita' mnemoniche.
    Ma  a  questo  aspetto,  invero  centrale,  ci  si dedichera' nei
prossimi  paragrafi.  Quel  che  si  vuole  ancor prima sottolineare,
infatti, e' l'abnorme incidenza che in una procedura preselettiva con
queste caratteristiche, nella quale, come si e' detto, e' normalmente
sufficiente  la  commissione  di un solo errore - fosse pure su di un
quesito    classificato   «difficile»   -   per   essere   condannati
all'esclusione, viene giocata dal fattore della mera sorte.
    Premesso che la necessita' dell'amministrazione di pervenire alla
formulazione di un numero di quesiti congruamente elevato ha condotto
ad   attingere,   ai   fini   della  loro  elaborazione,  anche  alle
disposizioni  piu'  marginali  ed  inusitate  del codice civile, deve
essere evidenziato che, per quanto la disciplina positiva esiga che i
questionari  siano formulati - come si e' visto - con lo stesso grado
di difficolta' complessiva, ed in modo tale da tutelare la parita' di
trattamento   dei   candidati,   la   circostanza  che  la  prova  di
preselezione  debba essere unica per ciascun candidato non potra' mai
consentire  di  pervenire  ad un trattamento completamente uguale per
tutti.   Per  quanto  sforzi  possa  fare  l'ammistrazione,  infatti,
l'equivalenza  dei  questionari non potra' mai essere assoluta, avuto
riguardo  alla  diversita'  delle materie (e loro partizioni interne)
cui  i  singoli  quesiti  si  riferiscono,  alla  piu'  o meno felice
formulazione  testuale di questi, e al carattere piu' o meno centrale
o,  invece,  marginale  dell'argomento  prescelto rispetto ai compiti
notarili (e quindi agli orizzonti tipici dello studio e della pratica
professionale degli aspiranti).
    Ora, questi aspetti, che sarebbero destinati a passare in secondo
piano  in  una prova regolata con adeguata elasticita', tale cioe' da
ammettere  un  fisiologico  margine  di  tollerenza per l'errore, nel
contesto  descritto sembrano invece assumere un'incidenza ben diversa
ed  assai  piu' penetrante (esaltata, tra l'altro, dai ristrettissimi
tempi  messi a disposizione dei concorrenti, che sconsigliano, se non
impediscono, qualsiasi velleita' di riflessione).
    Se  e'  indubitabile,  dunque,  che  «un  significativo  grado di
aleatorieta e' ... insito in ogni procedura concorsuale» (c.d.s., IV,
n. 2797/2004),  appare,  pero',  altrettanto  vero  che, mentre nelle
normali procedure selettive le tracce delle prove scritte sono comuni
a tutti i concorrenti, ed il passaggio di questi alla fase successiva
non  necessita  del  conseguimento del massimo punteggio teoricamente
possibile,  bastando  a  tal  fine  una  valutazione  di  sufficienza
(eventualmente  qualificata),  per contro, un contesto di questionari
individuali  differenziati  in  cui  basta,  di  norma, anche un solo
errore    a    determinare    l'eliminazione,    evidenzia    un'alea
qualitativamente diversa e notevolmente superiore.
    4f)   Tornando   alla   constatazione   che  la  preselezione  ha
costantemente  funzionato  nella  pratica  nel  senso di esigere, nei
candidati,  la  mancanza  di  qualsivoglia  errore  e  la  necessita'
indefettibile  del  raggiungimento  de  punteggio massimo, cio' rende
manifesto  come  la  realta' abbia reagito in modo difforme da quanto
immaginato  in  sede di previsione normativa: alla prova dei fatti e'
avvenuto,   invero,   che   tutto   il   complesso   apparato   sulla
classificazione   dei   quesiti   per  gradi  di  difficolta'  si  e'
sistematicamente  rivelato  inutile  e  privo di senso, cosi' come il
rituale della formazione di una graduatoria.
    Mentre  anche  nei  concorsi  pubblici  piu' qualificati (e cosi'
anche  ai  fini  delle  stesse  prove  scritte di quello notarile) e'
richiesto  ai  candidati  il  conseguimento,  quale  sufficienza,  di
votazioni  medio-alte,  ma  mai necessariamente del massimo punteggio
teoricamente possibile, la preselezione notarile richiede, quindi, un
«patrimonio» di acquisizioni mnemoniche eccellente, e non di semplice
o  magari  qualificata sufficienza, quasi che quello della perfezione
nella conoscenza mnemonica fosse il valore supremo da ricercare negli
aspiranti.  Conseguentemente  anche  i migliori giuristi, per il solo
fatto  di avere avuto una lievissima defaillance mnemonica - e magari
a  proposito  di una norma priva del benche' minimo rilievo - o anche
soltanto un'esitazione negli automatismi che la velocita' della prova
richiede,  si vedrebbero irragionevolmente interdetta l'ammissione al
concorso vero e proprio.
    In  contrasto,  allora,  con  la  funzione  della preselezione di
operare una prima scrematura della platea degli aspiranti, accertando
il  possesso  di  un  livello  di preparazione minimo tale da rendere
utile la partecipazione alle tradizionali prove di concorso (anche in
armonia  con il fatto che in occasione delle prove scritte e' ammessa
la   libera   consultazione  dei  codici,  del  tutto  normale  anche
nell'attivita'  professionale),  nella  normativa  regolatrice  della
procedura,  vista  nella  sua  vivente  dimensione  applicativa,  chi
commette anche un ridottissimo numero di errori, o al limite pure uno
solo,  si  vede  negare l'accesso alle prove scritte, e finisce cosi'
trattato  alla  stessa  stregua  di  coloro  che di errori ne abbiano
commessi   una   moltitudine.  Cio'  laddove  non  sembra  plausibile
ipotizzare  -  a  maggior ragione avuto riguardo ai fini propri della
preselezione  -  che  esista una reale differenza di preparazione tra
chi  commetta  un  errore  e chi non sia incorso in alcuno sbaglio: e
questo  anche  alla  luce  di quanto si e' detto al n. 4d a proposito
delle  tecniche  di memorizzazione richieste per l'ottimale approccio
alla  procedura  (memorizzazione  per  parole  chiave  di  quesiti  e
soluzioni,  piuttosto  che  per testi normativi), e del fatto che non
pochi  dei  quesiti  vertono  su norme di mero dettaglio o desuete, o
comunque  di  rilievo  pratico  e  scientifico  del tutto marginale o
trascurabile.
    Ne'  puo' tacersi l'odiosita' della discriminazione che una prova
preselettiva  con questi connotati non manca di produrre a detrimento
di   chi,   pur  dotato  di  preparazione  e  capacita'  tecniche  di
prim'ordine,  non  possa vantare delle personali capacita' mnemoniche
altrettanto spiccate.
    Il sistema in esame taglia, pertanto, fuori dal concorso soggetti
che per preparazione ed impegno profuso potrebbero avere ben titolo a
cimentarsi  con le prove concorsuali vere e proprie, che sole possono
garantire una reale valutazione della capacita' e meritevolezza di un
aspirante.  E,  per converso, limitando l'ammissione ai candidati che
hanno  dimostrato  una  migliore  performance mnemonica, valorizza un
quid  che non puo' essere incondizionatamente apprezzato, in realta',
come    indice    di   una   superiore   preparazione   o   capacita'
tecnico-professionale.  Non  puo'  essere considerata invero tale una
conoscenza  del  dato normativo (cosi' come trasfuso nel quesito) che
sia  pretesa,  indiscriminatamente,  ben  oltre la soglia delle norme
rivestenti  una  qualsiasi forma di importanza ai fini professionali,
pratici  o sistematici, fino all'estremo del piu' marginale, remoto o
desueto      dettaglio.     Un'esasperazione     mnemonica     spinta
parossisticamente   fino   al   minimo   particolare,   infatti,  non
permetterebbe piu' di guardare al superamento della preselezione come
ad un risultato deponente per una maggiore preparazione, connotandolo
piuttosto  come  l'effetto  di  una  prestazione  ormai slegata dalla
conoscenza ed inclinazione giuridica e divenuta fine a se stessa.
    4g)  E  con cio' si arriva a mettere in luce un ulteriore profilo
di  dubbia  conformita'  dell'assetto normativo in esame ai parametri
costituzionali sopra indicati.
    L'esistenza   di  una  prova  preliminare  dotata  dei  connotati
descritti  costringe  la  platea  degli  aspiranti notai ad indugiare
oltre  modo  in  una  spossante  opera  di  memorizzazione (e indi di
ripasso  periodico)  di  dati normativi o pseudonormativi, protratta,
nell'impegnativa  ricerca  della perfezione, ben oltre quanto sarebbe
richiesto  ai  fini  anche  della  piu'  seria  e solida preparazione
tecnico-giuridica,  con  l'effetto  di  venire  distolta,  a causa di
questa massiccia applicazione mnemonica, dallo studio vero e proprio.
E'  quindi  fatale che tutto cio' possa avere delle ricadute negative
sull'approfondimento delle attivita' di studio e sullo sviluppo delle
capacita'  di  analisi  di  tutti  gli  interessati,  molti dei quali
finiranno  con il dedicare alle attivita' realmente formative energie
e  tempi  ridotti  (almeno rispetto a quanto avveniva in passato), in
contrasto   con   l'interesse  pubblico  ad  ottenere  attraverso  la
selezione  e  piu'  in  generale  a  poter  disporre  delle  migliori
individualita'.
    5)  Tirando  le  fila delle considerazioni fin qui svolte, sembra
quindi  di  poter  dire  che la preselezione informatica del concorso
notarile,  cosi'  come  regolata,  realizzi  una  scrematura  tra gli
aspiranti  che  risulta  incoerente  con  il  fine,  assegnatole,  di
accertare  il  possesso  in  ciascuno  della  semplice  attitudine ad
affrontare il concorso vero e proprio, e funzionalizzata, in realta',
a  premiare  la  perfezione  di  un  apprendimento mnemonico che pare
diventare,   patologicamente,   fine  a  se  stesso;  incongruamente,
inoltre,  viene  richiesto  uno  standard massimo nella mnemonica dei
dati,  laddove  per  le pur ben piu' importanti capacita' tecniche da
misurare in occasione delle prove scritte e' sufficiente uno standard
semplicemente  medio-alto (vale a dire il punteggio minimo di 105/150
di cui all'art. 24, ult. comma, r.d. n. 1953/1926).
    Nello  stesso  tempo la disciplina della procedura, sui cui esiti
la  sorte ha un'incidenza che pare abnorme, comporta delle disparita'
di  trattamento  che  si presentano prive di giustificazione e quindi
irragionevoli.  Si e' visto, difatti, che essa assoggetta allo stesso
destino  il candidato che sia riuscito a sbagliare praticamente tutti
i  quesiti  sottopostigli  e quello che, all'opposto, pur debitamente
impegnatosi,   abbia   commesso   un  solo  errore,  e  per  converso
differenzia il trattamento fatto a quest'ultimo da quello riservato a
chi, con preparazione analoga, abbia dato risposte tutte corrette.
    In definitiva, percio', il concorso pubblico nella sua interezza,
in  quanto  preceduto  e  condizionato da una procedura siffatta, non
sembra piu' regolato in modo consono alla sua funzione costituzionale
(art. 97,   comma  3)  di  mezzo  di  selezione  dei  candidati  piu'
meritevoli e capaci (cfr. ad es. C. cost., n. 333\1993).
    6)  Alla stregua di tanto, pur tenendo conto del principio che il
giudizio  di  legittimita'  costituzionale di una legge che si assuma
contrastante  con i principi di ragionevolezza e buon andamento della
pubblica amministrazione non puo' comportare un esame di merito circa
l'opportunita'  della  normativa  contestata,  ne' una riformulazione
della  ponderazione  di interessi che con questa il legislatore nella
sua insindacabile discrezionalita' aveva compiuto, ma puo' consistere
solo in una valutazione meramente estrinseca delle scelte legislative
sotto   il  profilo  della  loro  palese  arbitrarieta'  o  manifesta
irragionevolezza,  il  tribunale  non puo' esimersi dal sollevare una
questione   di  legittimita'  costituzionale  avverso  la  disciplina
descritta.
    La  questione investe lo sbarramento posto dall'art. 5-ter, comma
3,  inserito nella legge n. 89 del 16 febbraio 1913 dall'art. 1 della
legge  n. 328  del  1995,  dove  esso  stabilisce che (in aggiunta ai
candidati  di cui al comma 5 dell'art. 5-bis) «e' ammesso a sostenere
le  prove  scritte un numero di candidati pari a cinque volte i posti
messi  a  concorso»  (pur  con i temperamenti per cui tale numero non
puo'  comunque  essere  inferiore alle novecento unita' e alle stesse
prove  sono  ammessi  anche tutti i candidati classificatisi ex aequo
rispetto all'ultimo avente titolo).
    La  vigenza di tale sbarramento, basato su parametri avulsi dalla
preparazione  del  singolo candidato, in quanto dipendenti unicamente
dal numero di posti messi a concorso e dalle performances altrui, da'
causa,  infatti, alle incongruita' e discriminazioni sopra descritte.
A  queste  la  disciplina  dello  stesso  articolo potrebbe sottrarsi
mediante  la  previsione  a  priori  di una congrua soglia massima di
errori  suscettibile  di  portare  in  ogni caso al superamento della
preselezione.  sistema che permetterebbe di raccordare l'accesso alle
prove scritte al possesso del livello di preparazione minimo reputato
accettabile.  Cio'  lascerebbe, inoltre, a disposizione dei candidati
un  tempo  piu'  congruo  per  la  preparazione alle prove scritte ed
orali,  che  sono  quelle  deputate  ad  un  vaglio  non  esteriore e
meccanico  delle  loro attitudini e capacita', ivi comprese quelle di
analisi e di argomentazione.
    Quanto  precede  giustifica  la  valutazione  di  rilevanza e non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
della norma indicata in relazione agli articoli 3 e 97, primo e terzo
comma,  della Costituzione (mentre non si ravvisano puntuali elementi
di  possibile  contrasto  con  gli artt. 4 e 51 della Carta, chiamati
solo genericamente in causa da taluni dei ricorrenti).
    La  questione  delineata  va  pertanto sottoposta al vaglio della
Corte  costituzionale,  ed  il  presente giudizio va conseguentemente
sospeso in attesa della sua decisione.